Il Museo Civico Archeologico “Mucian” è situato a Noto presso i bassi dell’ex Monastero del SS. Salvatore in pieno centro storico. Il percorso museale è suddiviso in dieci sale espositive, secondo un criterio topografico-cronologico, che va dalla Preistoria all’Età Bizantina e illustra la Geologia e i siti più significativi del vasto territorio comunale di Noto (Km² 555).
Tipologia
Museo Archeologico
Orari e giorni d’apertura
Tutti i giorni dalle 10:00 alle 18:00
Capolavoro
Ambiente B del Santuario extraurbano di Demetra e Kore
Ticket
INTERO INGRESSO SINGOLO € 10,00;
INGRESSO DUE ADULTI € 16,00;
GRUPPI (Max 15 persone a turno) € 8,00 a persona
INGRESSO GRATUITO:
Cittadini sotto i 18 anni
Studenti e Docenti
Guide e Accompagnatori Turistici
Giornalisti iscritti all’albo nazionale
Disabili
Info e prenotazioni
Il Museo: la sua Storia e le 10 Sale
Un pò di storia
L’attuale Museo Civico Archeologico di Noto (MU.CI.A.N.) è stato inaugurato, dopo trentacinque anni di chiusura, solo recentemente il 25 settembre 2021, grazie all’attuazione di un nuovo progetto di restauro e allestimento a cura della Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Siracusa. Il precedente Museo Civico, aperto il 7 maggio 1965, infatti, fu chiuso al pubblico nel 1986, anno in cui ne fu imposta la chiusura a causa di necessari urgerti interventi di restauro.
Il nuovo percorso museale prevede, rispetto al precedente, la visita di ben dieci sale espositive che illustrano i siti più significativi del territorio comunale di Noto attraverso i ritrovamenti di resti e reperti collocati cronologicamente tra la Preistoria e l’Età Bizantina. I siti archeologici maggiormente presenti sono: Grotta Sbriulia, Castelluccio, Monte Finocchito, Eloro, Villa del Tellaro, Cittadella dei Maccari (Vendicari) e Noto Antica.
Le 10 Sale: Cosa potrete vedere
La prima sala è dedicata ai ritrovamenti preistorici risalenti al periodo tra il Mesolitico Recente (Età della Pietra di Mezzo) e il Neolitico Antico (Età della Pietra Nuova o levigata). Tra i reperti esposti in questa sala si possono notare alcuni strumenti litici rinvenuti presso una cavità rocciosa semicircolare in contrada Sarculla (Testa dell’Acqua) sul Vallone Sortino, un affluente del Fiume Asinaro. Tali manufatti sono caratterizzati da ridotte dimensioni, come lamelle e piccole schegge.
Nella seconda sala, riservata al periodo che va tra l’Antica Età del Rame (3.500-3.000 a.C.) e l’Antica Età del Bronzo (2.200-1.450 a.C.), sono conservati i reperti provenienti dalla Grotta Sbriulia. Essa è geograficamente collocata nella media valle del Tellaro sul fianco della Cava Battali in contrada Renna Alta e fu frequentata come abitazione tra il Neolitico e l’Antica Età del Bronzo. All’Antica Età del Rame risalgono alcune ceramiche a impasto grigio-bruno, decorate con un pigmento rosso-ocra. Inoltre, si può osservare anche una singolare placchetta in scisto, forata alle estremità, di uso incerto, forse utilizzata come pendente di collana, proveniente dalla Calabria. Più cospicuo è, invece, il materiale ceramico risalente all’era del Bronzo Antico, come vasi, fuseruole e pesi da telaio usati per la filatura e la tessitura. Oltre a giare cordonate, usate per conservare i cibi, e asce basaltiche, manufatti in selce e in ossidiana che testimoniano l’utilizzo di strumenti in pietra.
La terza sala, invece, è dedicata ai ritrovamenti fatti nella zona archeologica del Castelluccio, tra la sua necropoli e il villaggio, e risalenti all’Età del Bronzo Antico. Essa è posta su una dorsale rocciosa dell’Altopiano Ibleo che si affaccia sull’ampia valle del Fiume Tellaro. Nella zona del villaggio, in special modo, sono state ritrovate tra le varie cose una giara al centro di una capanna contente residui di olio d’oliva, caratteristici vasi “fruttiera” e “bicchieri” a “clessidra”, oltre enigmatici oggetti, gli ossi a globuli, placchette in osso finemente intagliate con una fila di ovuli in rilevo, forse idoletti-amuleti. Ne sono stati trovati simili anche in Puglia, a Malta, in Grecia e a Troia.
Nella quarta sala, differentemente, si trovano reperti rinvenuti nel sito del Monte Finocchito e risalenti all’Età del Ferro, tra la 1° e la 2° fase insediativa (850 – 660 a.C.). Esso è ubicato sulla sommità di una collina, nel medio corso del fiume Tellaro e tra le poche tombe della prima fase sono state ritrovate spille ad arco serpeggiante in bronzo e ferro per fermare le vesti; pissidi con ansette acuminate e boccaletti ad alto collo, decorati con solcature e motivi piumati e geometrici, contenenti cibo, bevande e offerte per il defunto. Si trovavano anche brocche, scodelle e askòi (versatoi globulari che richiamano la forma di un uccello), connessi con il rito del banchetto funebre in onore del defunto. Nei ritrovamenti risalenti alla 2° fase, invece, si trovano tracce di altre culture, in special modo quella greca, nei vasi e in altri oggetti in ceramica, dipinti o incisi a meandro e a scacchiera.
La quinta, sesta e settima sala, invece sono dedicate al area archeologica dell’antica Città di Eloro, fortemente caratterizzata dall’Età Greca (fine VIII – III sec. A.C.). Essa fu la prima sub-colonia fondata dai Siracusani alla fine dell’VIII sec. a.C. su una bassa collina di fronte al mare, a Nord della foce dell’omonimo Fiume l’odierno Tellaro, presso cui insisteva l’area portuale. In questa sezione, nella sesta sala, è ospitato il già citato capolavoro presente all’interno del “Mucian”, ovvero l’Ambiente B del Santuario extraurbano di Demetra e Kore, madre e figlia, dee della fertilità. Rinvenuto fortuitamente, in una duna della spiaggia a Nord di Eloro, il Koreion è stato indagato nel 1964 da Maria Teresa Currò. Connesso con il culto di Demetra Thesmophoros (Legislatrice), era dotato di sei ambienti dove si celebravano le feste dette Tesmoforie, riservate alle donne. L’elemento più interessante, riferibile al rituale, è la sepoltura di offerte votive, dei resti di piccoli sacrifici e di pasti rituali. Infatti, sono state rinvenute innumerevoli statuette in terracotta raffiguranti una figura femminile con la fiaccola e il porcellino, anche con alcune con tracce di pigmenti colorati. Sotto una panchina all’esterno dell’ambiente B del santuario è stato ritrovato il modellino di tempio in calcare, visibile sempre all’interno della sesta sala, con un particolare incavo che forse ospitava una statuina.
Nell’ottava sala, differentemente, si possono trovare reperti provenienti dal sito della Villa del Tellaro e della Cittadella dei Maccari (Vendicari), risalenti all’Età Romana e Bizantina. Tra questi, è possibile osservare alcuni frammenti di un mosaico proveniente dalla Villa del Tellaro, come anche una grande anfora da trasporto a corpo cilindrico, rinvenuta anch’essa all’interno della Villa, e numerose lucerne provenienti, al contrario, dalla Cittadella, che potrebbero provare la presenza di una comunità ebraica nel territorio di Noto tra il V e il VI sec. d.C.
La nona sala, invece, è dedicata ai rinvenimenti fatti a Noto Antica e nei vasti territori del Monte Alveria (su cui anch’essa è ubicata) e risalenti sia all’Età del Ferro (850-730 a.C.) che a quella Greca (V – fine III sec. a.C.). Qui, in particolare, si può ammirare un’importante epigrafe in greco scolpita su un blocco monolitico in calcare che testimonia l’esistenza di un ginnasio nell’Antica Noto durante l’Età Greca, come essa stessa recita: “Ai Ginnasiarchi Aristionos, figlio di Agatarco, e Filistionos, figlio di Epikrateos, i giovani Ieronici (dedicano)”.
Nella decima sala, infine, sono conservati reperti sempre rinvenuti a Noto Antica, ma datati tra l’Età Romana e Bizantina (212 A.C. – 864 d.C.), e l’Età Tardo-Antica (V-VI sec. d.C.). Da attenzionare, soprattutto, in questa sala è un epigrafe recante un epitaffio dedicato a una bambina di tre anni, (Eiphiónisa), che attesta la sopravvivenza della lingua greca in Età Imperiale.
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